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Le retribuzioni minime previste dal CCNL Vigilanza - Servizi Fiduciari sono in contrasto con l'art.36 della Costituzione - Avv. Arturo Strullato

  • 18/05/2022

L'articolo 36 della Costituzione.

L'articolo 36 della Costituzione prevede che "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa."

L’art. 36 Cost. stabilisce due principi: quello della proporzionalità e quello della sufficienza della retribuzione; il primo legato alla funzione corrispettiva, e più propriamente al sinallagma contrattuale, e il secondo espressione della funzione sociale della retribuzione e, quindi, del valore sociale assegnato al lavoro dalla Carta costituzionale.

La norma è stata considerata direttamente applicabile nei rapporti individuali quale precetto inderogabile e, per opera della giurisprudenza, le tariffe salariali previste dai contratti collettivi nazionali nei diversi settori sono diventate parametro della retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost..

In tal modo, la giurisprudenza ha svolto una importante funzione di sostegno del ruolo della contrattazione collettiva nell’individuazione della giusta retribuzione.

La sentenza del Tribunale di Milano

Purtroppo non tutti i CCNL possono ritenersi il linea con il precetto costituzionale.

La retribuzione mensile prevista dal CCNL Vigilanza - Servizi Fiduciari, infatti, non è rispettosa del dettato costituzionale di cui all’art. 36 Cost., perché non rappresenta una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 22 marzo 2022 (a questo link) ha stabilito che una retribuzione sensibilmente inferiore al tasso-soglia di povertà assoluta, individuato dall'Istat ed ai livelli retributivi previsti per posizioni professionali analoghe da altri CCNL, non può considerarsi conforme ai principi di proporzionalità e di sufficienza ricavabili dall'art. 36 della Costituzione.

La retribuzione base prevista dal CCNL in questione risulta inferiore a quella di altri contratti collettivi stipulati per servizi analoghi, tra cui il CCNL Multiservizi (che peraltro era stato a lungo applicato ai lavoratori ricorrenti), applicato nell’appalto di servizi alla dipendenza di precedenti appaltatori, ed anche alla soglia di povertà stabilita dall’Istat.

Il Tribunale ha inoltre precisato che la valutazione di compatibilità della retribuzione col principio costituzionale deve essere fatta senza assegnare rilevanza alla situazione familiare o patrimoniale del singolo lavoratore, in quanto ciò che determinerebbe una disparità di trattamento a parità di condizioni di prestazione dell’attività lavorativa.

La conclusione adottata dal Tribunale di Milano è stata quindi quella di affermare l’inadeguatezza della retribuzione corrisposta in base al CCNL Vigilanza per contrarietà all’art. 36 della Costituzione.

La sentenza esaminata, se da un lato esaltano il recupero giurisprudenziale del criterio di sufficienza della retribuzione e della funzione sociale della stessa, nel contempo mette a nudo la condizione di crisi della contrattazione collettiva e, specialmente, del ruolo di  autorità salariale che essa ha tradizionalmente rivestito.

Conclusioni

La diffusione del "lavoro povero" quale effetto di una legislazione privativa delle tutele lavoristiche e di alcune distorsioni del sistema di contrattazione collettiva, con fenomeni di shopping contrattuale e dumping salariale, oltre che della atavica mancanza di controlli da parte degli organismi istituzionali, ha reso impellente nel nostro ordinamento una riflessione sulle misure di contrasto alla decrescita salariale.

Il salario minimo legale non deve più essere considerato un tabù.